Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
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XXIV domenica per annum
Fantasia e creatività
Viviamo in un mondo ingiusto, un mondo legato all’apparenza, un mondo dove coloro che proclamano e dicono di difendere i valori cristiani in realtà non hanno una morale. Non è una novità, anche Amos, il profeta da cui è tratta la prima lettura, che ha vissuto quasi ottocento anni prima di Gesù dice le stesse cose. Eppure questo mondo ingiusto è l’unico che abbiamo, l’unico in cui vivere il messaggio di Gesù, fatto di fraternità, di condivisione, di misericordia. Gesù, che annuncia “beati i poveri” e che nel vangelo di Luca è presentato con grande forza proprio in questo suo aspetto di predilezione per i poveri, parla diverse volte anche di ricchezza. L’evangelista ha riportato già in un altro contesto il tema della ricchezza, precisamente nel capitolo 12, con la storia dell’uomo che costruisce nuovi granai per poter conservare le sue enormi ricchezze e godersele da solo. Nel capitolo che stiamo leggendo ora si parla di questo amministratore e poi dell’uomo ricco e del povero Lazzaro. Nella mentalità biblica le ricchezze non sono un male, è il loro uso e l’atteggiamento che si assume nei loro confronti, che costituiscono un fatto moralmente rilevante e determinante. In realtà nel racconto di oggi non è l’aspetto morale quello che viene messo al centro: ciò che fa questo amministratore è chiaramente deprecabile. L’attenzione è attirata su ciò che lo ha mosso: l’intelligenza, la scaltrezza, la furbizia, l’abilità, la capacità e la determinazione, la definizione dell’obiettivo e l’impegno per attuarlo. Tutte queste cose sono valori apprezzabili, anche se sono stati usati male non perdono di valore e di significato. Ciò che la parabola loda è questa capacità di cogliere al volo una situazione, questa acutezza nell’affrontarla, la genialità nell’escogitare lì per lì, sui due piedi, un rimedio. Luca vorrebbe che i discepoli del Signore mettessero la stessa prontezza, la stessa lucidità, la stessa radicalità, la stessa fantasia, a servizio dei valori del Regno. La venuta di Cristo, il suo vangelo ha creato una situazione nuova, ha capovolto una mentalità e allora il discepolo deve avere occhi per cogliere questa novità, deve avere immaginazione e fantasia per inventare le strade nuove.
I destinatari delle parole di Gesù, sono prima di tutto i discepoli, che chiama “figli della luce” ma che definisce anche poco furbi, incapaci di strategie efficaci nella vita, e che gli fanno provare una tenerezza mista a tristezza. Ma in sottofondo ci sono anche i farisei, citati nel versetto 14 che non abbiamo letto: “I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.” la situazione è simile a quella in cui nasce la parabola letta domenica scorsa, quella delle cento pecore, le dieci monete e i due figli e anche questa parabola di oggi, come l’altra, lascia in sospeso la conclusione: come è andata finire? Non si dice, l’ultima scena è quella dell’amministratore che sta trattando con i debitori del suo padrone, per rivolgere a suo favore tale debito, ma non si va oltre. Sono gli ascoltatori che devono trarre la loro conclusione, proprio come domenica scorsa.
La ricchezza (mammona, cioè il patrimonio intero, ciò che dà sicurezza alla vita, viene dalla radice aman, che significa credere, porre fiducia) in qualche modo è sempre disonesta, sottratta all’uso comune. Gesù invita a riconvertirla in patrimonio comune (che non è un riciclare il denaro sporco, o giustificare qualsiasi mezzo per un fine buono), si tratta invece di fare una buona gestione delle cose materiali, della propria vita terrena, spese a favore degli altri: è questo che dà accesso alla vita eterna, che è la vita stessa di Dio. Il tempo presente, dunque, risulta essere decisivo per il nostro futuro di eternità. Dobbiamo servirci del denaro senza esserne asserviti, possiamo cercare un giusto benessere ma sempre se lo ricerchiamo per noi e per gli altri insieme, è questo che lo rende giusto. Il culto di Dio suppone la logica dell’amore, della condivisione, della fraternità. Il culto a Mammona suppone la logica del possesso, dell’accumulo, del profitto, della prevaricazione.
Anche noi sperimentiamo giorno per giorno che molti ‘uomini religiosi’, cioè coloro che vivono in apparenza la fede cristiana, sono scaltri, furbi, pieni di successo e, stranamente, di credibilità (anche se arriva il momento del crollo per tutti!). Non possiamo permettere che chi cerca di vivere da discepolo sia come quelli a cui si rivolge Gesù, incapaci di quella perspicacia che permette di inventare soluzioni nuove e audaci che rendono affascinante il messaggio di Gesù Cristo. Cfr papa Francesco
Il percorso mostrato dall’amministratore è molto interessante e importante: parte dall’ accettazione della realtà, poi passa per il riconoscimento dei propri limiti e, infine, arriva alla decisione e alla scelta preparandosi un futuro. È questa capacità e questa fantasia che viene richiesta al discepolo, è questa fantasia che rende vicino e credibile il vangelo.
Commento di don Domenico Malmusi