Parrocchia Di Collegara-San Damaso

31 marzo 2013

Vangelo E Comento Sabato Santo, 30 Marzo

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Beato Angelico - Deposizione Dalla Croce

Beato Angelico – Deposizione Dalla Croce

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Beato Angelico – Cristo Nel Sepolcro

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Beto Angelico – Resurrezione

Beato Angelico - Noli Me Tangere

Beato Angelico – Noli Me Tangere

Dal Vangelo secondo Luca 24,1-12.
Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato.
Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;
ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.
Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.
Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea,
dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno».
Ed esse si ricordarono delle sue parole.
E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri.
Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli.
Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto.

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Pasqua

Affetto e Parola

Che senso ha tutto questo?” si domandano le donne guardando in distanza la pietra rotolata via dal sepolcro. Che senso ha il dolore mi sembra che si chiedano. Quel sepolcro aperto non può che essere l’ennesimo oltraggio a quell’uomo amato da queste donne e disprezzato dai capi del popolo. Non esiste per loro un orizzonte diverso. Non esiste perche nella vita spesso sembra che il dolore prenda il sopravvento rispetto a tutto ciò che di bello sperimentiamo. La malattia, la crisi economica, l’incapacità di governarsi, la difficoltà nelle relazioni, tutto ci conduce a credere che la morte vince sempre, che ha lei l’ultima parola. È il pensiero che accompagna il cammino di Maddalena e della altre donne, donne ferite dalla vita, oltraggiate e sfruttate dagli uomini, che avevano trovato finalmente un uomo che le trattava con rispetto, con onore vien da dire, ma la forza del male e della morte lo ha tolto con violenza dalle loro vite. E ora anche la magra consolazione di poterlo piangere nel luogo dove riposa il suo corpo viene strappata. Il pensiero, logico, umano è: “Hanno portato via il Signore”, ma dove? Perché?

I racconti degli evangelisti non sono perfettamente concordi a questo punto. Giovanni dice che Maddalena torna subito indietro, dai discepoli, poi, tornando al sepolcro incontra Gesù risorto, mentre Luca e gli altri sinottici dicono che c’è una visione di angeli. Ma la differenza è meno sostanziale di quanto sembra, perché il risultato non è diverso: Pietro (con Giovanni) corre al sepolcro e qui constata la verità di ciò che le donne hanno annunciato. Ma cosa significa il sepolcro vuoto? Che significato ha tutto questo? La stessa domanda dobbiamo porla a noi stessi: come ci poniamo di fronte al sepolcro vuoto? Crediamo alla resurrezione di Gesù? Forse ci poniamo davanti all’assenza di Gesù con delusione o con indifferenza. Oppure senza nessun vero interesse o con timore, comunque spesso con sentimenti che ci conducono lontano dalla fede, che ci lasciano nella nostra solita mediocrità.

Perché il vangelo ci pone davanti solo ad un sepolcro vuoto? Perché non ha voluto per suo figlio morto in croce una modalità diversa, imponente, come forse avremmo scelto noi? Pensate alla spettacolarità di un morto che esce dalla tomba. Invece Dio ha scelto che nessuno lo vedesse uscire, la risurrezione di Gesù è una voce silenziosa, non grida, non si impone, semplicemente si propone.

L’unico segno che ci vien posto davanti agli occhi sono il vuoto della tomba e le bende con il sudario riposti con cura come quando ci alza e si rifà il letto. Le bende e il sudario sono il simbolo della sconfitta della morte. Sono segni inerti, disabitati, come per dire che Dio non è nei segni di morte, Dio è nei segni della vita.

E la vita è fatta di vitalità, di affetto. Anche davanti al sepolcro si può manifestare vita: le donne arrivano di buon mattino, con l’ansia di chi non può più aspettare. Pietro (con Giovanni) arriva di corsa con l’urgenza di vuole verificare, capire. Poi il vangelo mostra anche tutta la difficoltà di capire, di credere, di accettare lo straordinario di Dio nell’ordinarietà della nostra vita, ma mi sembra che questa fretta sia molto importante perché esprime desiderio, volontà di non perdere tempo o forse timore che sia già troppo tardi, esprime vita. Quando qualcuno si accorge che una cosa è importante per se stesso non è capace di indugiare, vuole che quella cosa entri subito nella sua vita. Da questa vitalità, che si esprime togliendo le bende che imprigionano il desiderio che Dio ha acceso e accende dentro di noi, si può trovare risposta anche all’altra domanda cioè come ci poniamo davanti al vuoto del sepolcro. L’affetto, l’emotività non è certamente la fede ma può essere la prima scintilla per accendere in noi stessi un fuoco duraturo. Per il salto decisivo della fede, per vedere la vita nel luogo della morte, occorre credere alla testimonianza della Scrittura: accostata al vuoto della tomba, la Scrittura la riempie di una Parola che è all’origine della resurrezione, perché è la Parola stessa del Dio della vita. Le donne, i discepoli sono tutti duri di cervice e lenti di cuore, non avevano ricordato, non avevano compreso le scritture, non avevano ancora imparato a fidarsi di quella parola.

Questa notte abbiamo fatto una grande esperienza di ascolto, un ascolto lungo, articolato, che percorre le notti fondamentali della storia della salvezza. Ascoltando e fidandosi di questa Scrittura possiamo leggere la nostra storia come una storia abitata da Dio, una storia in cui la morte non è più la parola definitiva e, proprio per questo, ci sentiamo di lottare contro tutto ciò che avvelena la vita, contro tutto ciò che corrompe il bene dell’umanità, e di dare impulso a tutto ciò che costruisce il sogno di Dio sulla terra, un sogno di vita. In attesa della pienezza della vita, in attesa della beata speranza che ci attende.

Commento di Don Domenico Malmusi

 

 

27 marzo 2013

Vangelo E Commendo Domenica Delle Palme, 24 Marzo

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Hans Memling - Scene Della Passione Di Cristo

Hans Memling – Scene Della Passione Di Cristo

Dal Vangelo secondo Luca 22,14-71.23,1-56.
Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui,
e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione,
poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio».
E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi,
poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio».
Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
«Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.
Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!».
Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò.
Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande.
Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori.
Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.
Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove;
e io preparo per voi un regno, come il Padre l’ha preparato per me,
perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano;
ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».
E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte».
Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi».
Poi disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla».
Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una.
Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine».
Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli rispose «Basta!».
Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.
Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione».
Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:
«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà».
Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.
In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.
Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza.
E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo.
Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?».
Allora quelli che eran con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?».
E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro.
Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate, basta così!». E toccandogli l’orecchio, lo guarì.
Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?
Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre».
Dopo averlo preso, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano.
Siccome avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno, anche Pietro si sedette in mezzo a loro.
Vedutolo seduto presso la fiamma, una serva fissandolo disse: «Anche questi era con lui».
Ma egli negò dicendo: «Donna, non lo conosco!».
Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!».
Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo».
Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò.
Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte».
E, uscito, pianse amaramente.
Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano,
lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?».
E molti altri insulti dicevano contro di lui.
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero:
«Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete;
se vi interrogo, non mi risponderete.
Ma da questo momento starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio».
Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono».
Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Tutta l’assemblea si alzò, lo condussero da Pilato
e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re».
Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici».
Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: «Non trovo nessuna colpa in quest’uomo».
Ma essi insistevano: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui».
Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo
e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.
Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.
C’erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.
Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.
In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era stata inimicizia tra loro.
Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo,
disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate;
e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte.
Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò».
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Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!».
Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù.
Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!».
Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò».
Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano.
Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.
Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.
Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.
Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.
Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci!
Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.
Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».
Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano:
«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!».
Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?
Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».
E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.
Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto».
Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.
Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta.
Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.
Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.
Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.
Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato.
Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù,
poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.

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Palme

Il filo rosso della preghiera

Il filo rosso che attraversa tutto il vangelo di Luca, e lo si vede bene anche in questo contesto della Passione, è la preghiera. Una preghiera fondata sulla fiducia totale nel Padre che appare come il dio della misericordia, della tenerezza. Una preghiera che dona forza e dignità, tanto che Gesù appare regale in questi momenti di grande umiliazione. Una preghiera che è anche attraversata dalla tentazione.

Nell’episodio delle tentazioni Luca annota che: “dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da Gesù fino al tempo fissato. Questo tempo è quello della passione, il tempo in cui le forze ostili sembrano annullare la forza dell’amore di Dio. Questo amore che ha sostenuto tutto il percorso di Gesù appare in tutta la sua debolezza: Gesù è solo. Ed è in lotta, l’evangelista usa il termine agonia che indica l’ultima e terribile lotta tra la vita e la morte. La tentazione ricorrente in quest’ora della passione riguarda la scelta tra il salvare se stesso o salvarsi con gli altri. “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto” dicono i capi del popolo, e subito dopo anche i soldati ripetono: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”. Infine il ladrone si unisce al coro dicendo: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Tutti i vincenti, tutti i grandi, tutti coloro che in un modo o nell’altro cercano il potere usano la logica dell’autosalvezza, ma non Gesù, non il vangelo. Gesù sceglie una salvezza che è condivisione, comunione. Al ladrone che chiede un ricordo risponde: “Oggi sarai con me nel Paradiso”.

Questa forza straordinaria, come già sottolineato, viene dalla preghiera. Abbiamo visto Gesù pregare al battesimo, nel deserto, all’alba dei giorni in cui era in giro a evangelizzare, sul monte della trasfigurazione. Anche nell’ultima cena Gesù prega, come nell’orto degli ulivi e morente sulla croce. E invita i suoi a pregare per non cadere in tentazione. Per Gesù la preghiera è relazione con il Padre, tanto che ‘Padre’ è la parola più ripetuta (Padre allontana… Padre perdona… Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito), una relazione in cui sperimenta la consolazione e ritrova la sua identità di Figlio amato.

Ed è proprio da questo suo riconoscersi Figlio amato che scaturisce l’esperienza della misericordia, nello sguardo di perdono dato a Pietro, che lo ha rinnegato, nell’invocare il perdono per i crocifissori, nel dialogo di misericordia con uno dei malfattori. La passione mostra il vero volto di Dio, un Dio che ci ama nel nostro peccato.

Ultimo tema è quello regalità. Gesù è accolto a Gerusalemme come un re, poi nel precipitare degli eventi mantiene sempre una dignità tale da renderlo vero protagonista di tutte le situazioni. La misericordia e la regalità sono strettamente legate, è proprio dalla solidità e dalla sicurezza di Gesù che nasce la magnanimità, la capacità di mostrare misericordia.

Preghiera, lotta alle tentazioni, magnanimità e saldezza sono le caratteristiche che emergono dal lungo racconto della passione, sono ciò che permette di riconoscere l’amore in una storia che altrimenti parrebbe fallimentare. La croce è veramente il trionfo di Cristo, il suo vero trono regale.

Chi è capace di sostare sotto la croce, chi ne respira il profumo, se ne lascia investire e lo diffonde, lasciando perdere la vecchia logica del salvare se stessi, che ha costruito mura e barriere, per vivere una salvezza che è comunione con gli altri, piena condivisione di una vita che è la vita di Dio.

Commento di don Domenico Malmusi

6 aprile 2012

Giovedì Santo

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Giotto-Gesù Lava IPiedi Ai Suoi Discepoli-Padova, Cappella degli Scrovegni

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 13,1-15.
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Mentre cenavano, quando gia il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,
Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,
si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.
Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?».
Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo».
Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».
Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!».
Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti».
Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».
Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto?
Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.
Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.
Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.

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Giovedì santo

Gli uni gli altri

Siamo nel cuore della nostra fede. Fonte e culmine della vita cristiana è l’eucaristia che di domenica in domenica plasma ciascun credente e tutta la comunità, per questo vale la pena ritornare spesso sul senso di ciò che celebriamo. La liturgia di oggi ci propone un percorso molto chiaro: parte dal racconto della cena pasquale ebraica, quella cena che diventa memoriale di una liberazione che ha permesso al popolo di conoscere veramente Dio, quel Dio che ha accompagnato Abramo, Isacco e Giacobbe e che ora si è presentato come il liberatore. Questa cena diventa poi memoriale di un altro evento liberatorio, un evento unico e irripetibile che è il culmine della rivelazione di Dio. Poi c’è il racconto evangelico: l’Eucaristia, memoria della Pasqua di Gesù, già profetizzata nella cena che ricordava l’uscita dall’Egitto e trasmessa dagli apostoli alle comunità cristiane è spiegata e tradotta in vita nel gesto che Gesù compie con i suoi discepoli. Gesto che è sicuramente un esempio, lo dice Gesù stesso: “…anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Ma prima ancora che esempio è un gesto rivelativo.

Come abbiamo sentito dal racconto siamo nel contesto della cena. A metà della cena. Quello che compie Gesù non è il gesto di benvenuto che si potrebbe supporre se fosse stato fatto all’inizio, non è una buona notte un po’ particolare che chiude una giornata bella e difficile. È un gesto senza nessuna funzione pratica, senza alcuna necessità. È un gesto totalmente gratuito e, proprio per questo rivelativo e profetico. È l’interpretazione della sua vita fino a quel momento e l’annuncio del senso della sua morte in croce. È bello notare con quanta cura Giovanni descrive le azioni di Gesù: “… si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”. Gesù si alza, decide, assume una posizione salda, sicura, poi depone le vesti segno della sua spogliazione totale, si riveste di un abito di servizio, da schiavo, e poi si inginocchia ai piedi dei discepoli. Questo è l’amore, questo è ciò che fa l’amore cioè Dio che è amore. Un gesto da schiavi che solo chi ama può compiere in quell’umiltà che è la vera grandezza. Maria di Betania è stata capace di amare così: senza misura, con la dedizione di chi vede nell’altro il suo Signore. Gesù rende signori i suoi discepoli, con questo gesto compie veramente uno scambio di ruoli incomprensibile ai più, anche a noi, cristiani del ventunesimo secolo che, spesso invochiamo un Dio che punisca, che mostri la forza, che faccia vedere chi è.

Gesù mostra chi è con un gesto che riassume la sua vita spesa nell’amare ciò che non è amabile: lava i piedi a Giuda che lo tradisce, a Pietro che lo rinnega, agli altri discepoli che fuggono. In realtà questo gesto non dice nulla di nuovo della vita di Gesù se non che lui continua ad amare, con tenacia, con perseveranza, con insistenza, proprio come ha sempre fatto e come intende fare “fino alla fine”. Incomprensione e tradimento hanno accompagnato tutto il cammino dei discepoli con Gesù, ora c’è un culmine, un compimento che Gesù anticipa con il suo compimento d’amore. Ed è per questo che insiste con Pietro: rifiutare il gesto significherebbe rifiutare tutta la logica, tutta la vita di Gesù, significa rendere perenne l’incomprensione. Dopo capirai, dice Gesù. Dopo che gli eventi significati nel gesto saranno compiuti, allora capirai e comprenderai anche che il mio gesto di rivelazione è anche un gesto di esempio.

Ma con una particolarità: mentre Gesù compie un gesto unilaterale, chiede ai suoi discepoli la reciprocità: “Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri”. Il Signore si è rivelato con questo gesto e ora il Maestro istruisce i suoi discepoli e spiega che nella quotidianità della vita occorre il duplice esercizio dell’umiltà: quello di accettare di farsi lavare i piedi e quello di inginocchiarsi ai piedi del fratello. Non è facile mostrare i propri piedi sporchi, maleodoranti e resi callosi dal lungo cammino, forse è più difficile che chinarsi verso i piedi di un altro, ma è proprio nel riconoscere la grandezza di chi mi lava i piedi che rivelo di essere discepolo di Gesù e divento capace di rendere Signore ciascun fratello chinandomi al suo servizio.

Commento Di Don Domenico Malmusi

17 aprile 2011

Domenica Delle Palme, 17 Aprile, Vangelo E Commento

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Giotto, Ultima Cena - Padova Cappella Degli Scrovegni

Dal Vangelo secondo Matteo 26,14-75.27,1-66.

Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti
e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento.
Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?».
Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli».
I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.
Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà».
Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».
Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.
Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo».
Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,
perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.
Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».
E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Allora Gesù disse loro: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge,
ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea».
E Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai».
Gli disse Gesù: «In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte».
E Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».
E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.
Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me».
E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?
Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà».
E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.
E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.
Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.
Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».
Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.
Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!».
E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò.
E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.
Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
Allora Gesù gli disse: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.
Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?
Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».
In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.
Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale gia si erano riuniti gli scribi e gli anziani.
Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;
ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.
Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni».
Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».
Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».
«Tu l’hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;
che ve ne pare?». E quelli risposero: «E’ reo di morte!».
Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,
dicendo: «Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?».
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!».
Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire».
Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno».
Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell’uomo».
Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!».
Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò.
E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte». E uscito all’aperto, pianse amaramente.
Venuto il mattino, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù, per farlo morire.
Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani
dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!».
Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.
Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue».
E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri.
Perciò quel campo fu denominato “Campo di sanguè’fino al giorno d’oggi.
Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d’argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato,
e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.
Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l’interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici».
E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose attestano contro di te?».
Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore.
Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta.
Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba.
Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?».
Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua».
Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù.
Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!».
Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!».
Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!».
E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli».
Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte.
Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto
e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!».
E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.
Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui.
Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio,
gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.
Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte.
E sedutisi, gli facevano la guardia.
Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:
«Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!».
Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:
«Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E’ il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.
Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!».
Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.
Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia».
E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere.
Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!».
E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,
i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.
E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.
Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.
Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.
Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo
e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.
Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l’altra Maria.
Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo:
«Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò.
Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: E’ risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!».
Pilato disse loro: «Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete».
Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia.
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Domenica delle palme e della Passione del Signore

Gesù il giusto

Matteo scrive il suo vangelo per una comunità che è formata principalmente da giudei, anche se già aperta a coloro che no sono ebrei. Per questo sottolinea spesso che ciò che avviene è il compimento delle scritture e cita molti testi dell’Antico testamento. È una comunità piccola e povera, che ha iniziato a sperimentare ostilità e tribolazione, una comunità che ha bisogno di essere incoraggiata e rafforzata nella fede e nell’attesa di quel Regno universale che è preparato per lei. Un segno importante dell’apertura universalistica della chiesa è il sogno della moglie di Pilato, che è una pagana: Dio si rivela per tutti ed in tutti, il suo amore è illimitato e incondizionato. Ma il racconto evangelico mostra anche la possibilità del rifiuto di questo amore: i capi del popolo, sacerdoti e anziani, lo rifiutano, con decisione si assumono la responsabilità del destino di Gesù, compiendo il gioco di Pilato che invece si deresponsabilizza, se ne lava le mani. Però, se abbiamo prestando attenzione al testo, vediamo che l’atteggiamento di Gesù mostra che questa preoccupazione di Pilato non è assolutamente necessaria. Gesù appare veramente come colui che si assume la responsabilità della propria sorte, è regale, protagonista, perfettamente consapevole del proprio destino, sa bene ciò cui va incontro e lo dice chiaramente. Alla luce di questa conoscenza vengono ridimensionati gli sforzi di Giuda e i complotti dei suoi avversari per arrestarlo, così come la responsabilità di Pilato e dei sacerdoti. Ciò che si compie nella passione è il disegno di Dio manifestato nelle Scritture, è il compimento drammatico della storia di Dio con l’umanità. Ciò che interessa a Matteo, non è tanto individuare chi, fra Giuda, i sacerdoti o Pilato sia più colpevole di fronte alla morte di Gesù, ma vuole mostrare che Gesù è il solo Giusto, colui che non cerca la propria volontà, ma compie quella del Padre. Gesù è il Figlio di Dio, cioè vive una totale comunione di volere e di agire con il Padre.
È questa comunione che dà a Gesù la grande forza di scegliere la debolezza. La piena adesione al Dio dell’alleanza, quel Dio che si è messo nelle mani dell’uomo, che promette di pagare di persona l’infedeltà del suo popolo rende Gesù veramente regale, ma di una regalità che vive nella logica del servizio e non del potere. La regalità del mondo si manifesta nella potenza, nell’imposizione, nella preoccupazione per la propria salvezza ed il proprio interesse; quella di Gesù si manifesta nel servizio gratuito, nell’amore, nella rinuncia ai privilegi di stato e nel rifiuto del potere come strumento che, eliminando l’opposizione, crea una falsa sensazione di coerenza. È per questo motivo che il mondo, che nel vangelo è mostrato in tutte le sue sfaccettature di potere politico, religioso e di massa, rifiuta Gesù Cristo. Ed è per lo stesso motivo che anche noi, suoi discepoli, siamo tentati di ritoccare la regalità di Gesù cercando di renderla più convincente ed efficace, più simile a quella del mondo. Dimenticando che la forza di Gesù si rivela proprio nella debolezza.
Ed è sulla croce che questa debolezza si manifesta in tutta la sua intensità: Gesù si sente solo, abbandonato e chiede “Perché?”. È la domanda più profonda dell’uomo sofferente, del giusto perseguitato. È una preghiera che esprime il desiderio della presenza. Non è la rabbia di chi è solo, ma il desiderio di chi ha vissuto per Dio ed aspira vederlo vicino a sé. Le parole di Gesù sono quelle del salmo 22, un salmo che esprime la presenza di Dio nella storia della salvezza, anche se spesso appare come un Dio che sembra smentirsi. Fin dall’inizio della sua storia con Abramo Dio sembra negare la sua promessa chiedendo il sacrificio di Isacco, ma è proprio questa via, apparentemente contraddittoria e perdente, che ha permesso il procedere della storia della salvezza. Gesù non è solo, fa parte di una storia in compagnia di tutti i profeti ed i giusti che sono disposti a perdere la propria vita nella fedeltà alla promessa del Signore.
Nel vangelo di Matteo, immediatamente dopo le fitte tenebre che accompagnano la morte di Gesù ci sono due segni importanti che danno il senso salvifico di questa morte: il velo del tempio che si squarcia e il riconoscimento da parte dei soldati che Gesù è figlio di Dio. È finito il tempo dei sacrifici e inizia il tempo nuovo, il tempo della resurrezione. Ricordiamo bene però che la via della croce è la via della resurrezione.
Commento di Don Domenico Malmusi

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