Michelangelo Buonarroti – Madonna Con Il Bambino
Data 1525 circa
Tecnica Matita nera, matita rossa, biacca e inchiostro su carta
Dimensioni 54,1 cm × 39,6 cm, casa Buonarroti, Firenze
Dal Vangelo secondo Luca 2,1-14.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.
Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,
per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,
ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
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Natale notte
Dio nella storia
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. All’inizio della celebrazione abbiamo messo in evidenza le situazioni di tenebra che oggi avvolgono la nostra vita e che non possono essere eliminate con una festa del buonismo, che rende tutti buoni per un giorno in attesa che riaprano le banche per depositare ciò che abbiamo ricevuto in regalo. La risposta di Dio alle tenebre degli uomini è narrata nel vangelo che abbiamo ascoltato, un testo che abbbiamo trasformato in immagini romantiche per poterci fare il presepe ma che in sè è molto duro. C’è un fatto storico: un decreto dell’imperatore che si abbatte su tutti, ma che viene focalizzato nella sua ricaduta su una piccola e semplice famiglia. Così come il decreto di aumentare l’IVA ricade sull’ultimo personaggio della filiera della produzione: i consumatori, cioè le famiglie. Così come l’IMU o altre tasse. Così come tutti decreti dei ‘grandi’, di solito decisi con la connivenza di altri più o meno grandi – questo avvenne quando era governatore Quirino – hanno sempre una ricaduta esistenziale molto concreta. Questa è la storia, la nostra storia, una storia in cui gli eventi della nostra vita, le nostre relazioni affettive, le nostre scelte, la nascita di un figlio, la morte di una persona cara si intrecciano con le linee tracciate dai potenti.
È in questa storia che entra Dio. Ma per riconoscere la presenza di Dio nella nostra storia occorre un itinerario di fede: l’evento, cioè la nascita del bambino, richiede una Parola che lo illumini, lo interpreti, ne indichi il senso. È la parola di Dio, qui annunciata dagli angeli, ma che nella mia vita posso trovare nel testo sacro, nell’annuncio della chiesa. La Parola permette di compiere una lettura di fede degli eventi. Il racconto di oggi impressiona per questa capacità di leggere nella fede: il decreto di Cesare, gli alberghi pieni sembrano elementi messì apposta per condurre a Gesù, mentre nella realtà sono ostacoli ed impedimenti, fatiche per la vita di questa giovane coppia, ma che tuuavia non hanno la forza per fermare l’energia del vangelo e vengono riletti in un orizzonte nuovo. La realtà non viene storpiata, la fatica non viene eliminata ma tutto acquista un senso nell’orizzonte dell’annuncio.
Tutta la storia diventa il tempo in cui il Signore viene incontro a noi, anche se non è facile distinguerlo: il segno a cui siamo rimandati è ‘un bambino’ cioè l’umanità. È in questa logica del segno che possiamo comprendere e percorrere il cammino che il segno ci invita a fare. Il Natale non è la soluzione a tutte le cose che non vanno, ma il segno che può esserci un nuovo inizio. L’amore di Dio per il mondo non significa un intervento che faccia finire guerre e disastri, ma è nascosto e rivelato in Gesù: la carne di Gesù è il cardine della salvezza, la sua umanità che è la nostra stessa umanità.
Certo che l’umanità è fragile, debole, si può ammalare. Se non si vive questo movimento di lettura degli episodi della nostra vita come portatori di salvezza ci si ammala nell’anima. Negli auguri di Natale fatti alla curia romana papa Francesco ha parlato di almeno quindici malattie dell’anima che non permettono più di vedere nella nostra umanità il segno che interpretato dalla parola di Dio ci permette di sperimentare la salvezza. l’elenco del Papa inizia con la malattia del sentirsi immortali e indispensabili, poi prosegue con diverse forme di attivismo che induriscono il cuore e lo spirito e si conclude con ricerca di profitto mondano ed esibizionismo. Fra quelle centrali, alcune ‘malattie’ mi pare possano essere particolarmente interessanti per noi. Il papa parla di ‘Alzheimer spirituale’: cioè del dimenticare la storia della salvezza personale, il proprio incontro con il Signore, l’amore che si è sperimentato. Si vive come se il vangelo non ci fosse, fissati sulle proprie vedute, spesso falsate, frutto del pregiudizio e del sospetto. Oppure la malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che ricchezza e importanza non possono colmare. Chi ne è colpito mette da parte tutto ciò che insegna agli altri magari anche severamente e inizia a vivere una vita nascosta, quasi sempre dissoluta. Infine la malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. E’ una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” (come satana), all’interno della comunità. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» (Fil 2,14-18). Sono solo tre ‘malattie’ fra le quindici citate dal Papa quelle che, secondo me, urgono di un cammino di conversione. Ricordare la nostra storia di fede, vivere con onestà e curare le relazioni con franchezza e verità ci permette di essere segno come Gesù, una umanità fragile che racconta Dio.
Commento di don Domenico Malmusi
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Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18.
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
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Natale giorno
Umanità di Dio
Il prologo del vangelo di Giovanni, è un testo molto teologico, cioè pieno di concetti importanti che riguardano Dio e anche molto poetico, cioè capace di suscitare emozione, di smuovere qualcosa dentro. Certamente il linguaggio teologico e quello poetico sono difficili per noi, un po’ fuori dalla normalità del nostro parlare. È vero però che abbiamo ascoltato già tante volte questo testo e dovrebbe essere quindi abbastanza usuale entrare in esso.
L’inizio richiama le prime parole della Genesi: “In principiò Dio creò…” e sappiamo che Dio crea con la sua Parola. Una parola che è sapienza, che è novità, che è forza capace di suscitare ciò che non c’era. È parola di verità che rende vero ciò che dice. E di tutte queste parole contenute nel prologo quella più sconvolgente è che “Il Verbo si fece carne”, cioè la realtà eterna ed immutabile di Dio, la sua potenza creatrice diventa cretura, fragile, mortale. Non siamo più obbligati a quella sorta di schizofrenia tra Dio e il mondo, tra la vita spirituale e la vita materiale, tra il cielo e la nostra vicenda umana, perchè Dio è una vicenda umana, il cielo ha toccato la terra, la vita spirtuale è la vita del corpo.
Dio non si è comunicato a noi per mezzo di dottrine sublimi che solo gli scienziati potevano capire, si è comunicato con una vita di uomo. Un corpo umano diventa il luogo della rivelazione di Dio. Un corpo lo possono leggere tutti, è un libro che chiunque è in grado di capire. Con le parole possiamo ingannare, mentire. Il corpo raramente sa mentire, se lo guardi attentamente, racconta. La postura, la qualità della pelle, le espressioni fugaci, dicono qualcosa di noi, raccontano.
Così è per la carne di Gesù, il suo vissuto, il suo corpo sono diventati racconto, per questa incredibile unione tra corpo mortale e Verbo di Dio. I suoi piedi che camminavano senza sosta spinti dalla passione per tutti e per tutto ci hanno raccontato la passione di Dio. La sua voce e le sue parole che dischiudeva i sogni degli emarginati e e rivelava l’ipocrisia e la meschinità dei benpensanti raccontava Dio. Le sue mani, che accarezzavano i bambini, sollevavano i paralitici, spalmavano di fango gli occhi dei ciechi e li aprivano, spezzavano il pane raccontavano Dio. La sua sensibilità che sentiva il timido gesto della donna che gli aveva toccato il mantello, o della donna che lo stava profumando; i banchetti con pubblicani e peccatori, che lo accoglievano in festa, la sua fedeltà fino alla croce raccontavano Dio. La Parola di Dio è diventata corpo, e così anche le nostre parole sono chiamate a diventare corpo, concretezza, vissuto. Le nostre mani, i nostri piedi, le nostre voci, la nostra sensibilità, il vissuto quotidiano, le relazioni che viviamo hanno la forza di raccontare Dio?
Pochi giorni fa, nel messaggio di auguri di Natale alla curia romana papa Francesco ha parlato di quindici malattie dell’anima che non permettono più alla nostra umanità di raccontare Dio, di essere segno concreto che, illuminato dalla parola del vangelo diventa racconto, diventa verità di Dio sulla terra.L’elenco stilato dal Papa inizia con la malattia del sentirsi immortali e indispensabili, parla di diverse forme di attivismo che induriscono il cuore e lo spirito e si conclude con ricerca di profitto mondano ed esibizionismo. Il testo del Papa è rivolto a porporati e preti di curia, ma credo che alcuni passaggi siano molto significativi anche per noi.
Il papa parla di ‘Alzheimer spirituale’: cioè dell’incapacità di ricordare la propria storia di salvezza, il proprio incontro con il Signore, l’amore che si è sperimentato. Si vive come se il vangelo non ci fosse, fissati sulle proprie vedute che spesso sono frutto di pregiudizio e di sospetto, quindi falsate. Oppure la malattia della rivalità, della vanagloria, il ricercare un pezzetto di potere esclusivo. Ancora la malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto di ipocrisia e del vuoto spirituale che ricchezza e importanza non possono colmare; questi mettono da parte tutto ciò che insegnano agli altri, magari anche severamente, e iniziano a vivere una vita nascosta, quasi sempre dissoluta. Infine la malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Magari si solo per fare due chiacchiere poi si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania”, all’interno della comunità. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» Sono solo alcune ‘malattie’ fra le quindici citate dal Papa quelle che, secondo me, urgono di un cammino di conversione. Ricordare la nostra storia di fede, vivere con onestà senza andare a caccia di potere, e curare le relazioni con franchezza e verità ci permette di vivere una umanita come quella di Gesù, una umanità fragile capace di raccontare Dio.
Commento di don Domenico Malmusi