Parrocchia Di Collegara-San Damaso

26 Maggio 2014

Vangelo E Comento Domenica 25 Maggio – VI di Pasqua

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Andrej Rublëv - Icona Della Trinità, Tempera su legno Galleria Tret'jakov, Mosca

Andrej Rublëv – Icona Della Trinità, Tempera su legno
Galleria Tret’jakov, Mosca

Dal Vangelo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,
lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.
Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.
In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

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Pasqua VI

Lo Spirito in noi

Leggendo il vangelo capita spesso di cercare di comprenderlo in modo un po’ spiritualistico, disincarnato. Soprattutto se nel testo si parla di Spirito, di relazione con Gesù, ci appaiono alla mente delle immagini misticheggianti di personaggi in estasi. In realtà questo è uno degli oltraggi peggiori che possiamo fare al vangelo, perché il racconto evangelico è la testimonianza di Gesù uomo, è la narrazione dell’incarnazione di Dio cioè il fatto che Dio sceglie la via dell’umanità per rivelare i suoi misteri. È attraverso l’esperienza umana che si conosce e si ama Dio. Proviamo allora a pensare quali esperienze umane possono aiutarci a comprendere questo testo che parla di osservare i comandamenti, di conservare lo Spirito e di essere nel Padre.

Il primo punto su cui vorrei soffermarmi riguarda proprio questo aspetti di essere in Gesù che è nel Padre, e di avere lo Spirito in noi. Essere in qualcuno o avere qualcuno in sé non è una cosa magica o di tipo spiritualistico: dentro di noi vivono le persone che amiamo. Non occorre un grande sforzo di memoria per richiamarle alla mente, non serve una concentrazione particolare. Ogni volta che la mente è sgombra dai pensieri e dalle preoccupazioni del lavoro, degli impegni, degli appuntamenti ecco che si affacciano i nostri cari, ci ripetono parole, gesti, comunicazioni più o meno importanti.

È l’amore che permette di ospitare nel cuore le persone. Semplicemente l’amore. Un amore che è fatto di cose molto tangibili, reali: è fatto di presenza, di attenzione, di ascolto, di tempo dedicato all’altro. Soprattutto ascolto, perché per ascoltare io devo ‘decentrarmi’ cioè spostare il centro dei miei pensieri, dei miei interessi da me ad un altro. Certamente c’è un rischio nell’applicare questa esperienza di amore a Dio che è invisibile, diverso, altro: il rischio di amare semplicemente una mia immagine, un mio pensiero su Dio e non la realtà. Farsi una propria immagine di Dio è un grave peccato: quando la bibbia dice di non fare immagini di Dio non sta proibendo di costruire delle statue ma vieta di farsi immagini interiori di Dio, immagini diverse da ciò che presenta la Scrittura, che rivela Gesù. Spesso noi abbiamo immagini di Dio diverse: un Dio giudice, cattivo, pronto a condannare. Gesù narra un Dio diverso e per questo l’esperienza dell’ascolto della sua Parola è un atto di amore ancora più importante di quanto lo sia nella vicenda dell’amore umano. Un uomo, una donna, un figlio è fatto di un corpo tangibile, un corpo che con la sua sola presenza mi lancia dei messaggi. Gesù, unico rivelatore del Padre, è assente. Ha avuto un corpo di uomo, ma ora non si vede, è presente in modo misterioso e dunque è possibile amarlo solo nell’esperienza dell’ascolto profondo della sua Parola, dei suoi comandi. Amare Gesù significa molto semplicemente osservare i suoi comandi. Osservare significa guardare con attenzione, indugiare con lo sguardo, con la voglia di capire, di interpretare. I comandi del Signore non sono parole da eseguire, ma da osservare e scrutare. Questo è il senso vero dell’obbedienza: ascoltare con attenzione, profondamente, quindi custodirli, cioè ricordarli, farli propri, viverli.  L’amore autentico per il Signore, dunque, si lascia plasmare dalla parola che il Signore ci rivolge, è realizzazione della parola di Dio, è un fare ciò che lui comanda e vuole. Quando sappiamo sostituire la volontà del Signore alla nostra, allora possiamo dire di amare il Signore; quando viviamo in noi stessi “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2,5), allora amiamo Gesù.

È un lavoro interiore che ci riporta al tema iniziale, quello di far vivere l’altro in se stessi.

L’interiorità è un luogo di dialogo, non di monologo, un luogo di creatività. Lo Spirito che ci viene donato, che vive in noi, ci conduce ad una comprensione profonda, una assimilazione delle parole e dell’insegnamento di Gesù. I monaci antichi dicevano che la parola va ‘ruminata’, è questa azione che lo Spirito ci permette di compiere. Questa è la vita interiore, una dimensione essenziale della vita cristiana. Costruire e custodire uno spazio interiore è fondamentale per la nostra vita di fede. È in questo spazio interiore che possiamo collegare l’interno e l’esterno, le emozioni e i sentimenti che sentiamo in noi stessi con gli eventi che viviamo, è qui che si esercita la critica, l’autoanalisi.

Stiamo ancora parlando di esperienze profondamente umane che diventano vita spirituale: guardarsi dentro, ascoltare il proprio corpo, saper dare un nome alle proprie emozioni, giudicare le proprie azioni, mettersi in crisi, ricercare il silenzio e la solitudine sono movimenti umani che permettono la vita spirituale, che ci rendono capaci di amare veramente. Di amare Dio nell’ascolto dei suoi comandi, di amare Gesù presente nei fratelli e nella comunità.

Commento di don Domenico Malmusi

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