Parrocchia Di Collegara-San Damaso

11 Maggio 2014

Vangelo E Commento Domenica 11 Maggio – IV Di Pasqua

Filed under: Vangelo — Insieme @ 19:55
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Gesù Quale Buon Pastore - Antiche Catacombe Cristiane Di Domitilla

Gesù Quale Buon Pastore – Antiche Catacombe Cristiane Di Domitilla

Dal Vangelo secondo Giovanni 10,1-10.

In quel tempo, Gesù disse; «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante.
Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.
E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.
Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.
Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

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Pasqua IV

Buon pastore

Quella del pastore è un’immagine classica della bibbia e di buona parte del mondo antico. Il re, spesso, è definito pastore, così come i capi civili o religiosi del popolo. È un’immagine immediata, facile da comprendere, utilizzata dunque anche da Gesù che parla sempre con un linguaggio figurato di facile comprensione. Nel testo ascoltato però si dice che “essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro”. Vuole dire che la possibilità di non capire il vangelo è molto concreta, è effettiva anche per noi, anche oggi. Solitamente, quando non si capisce, ci possono essere tre motivi diversi: il primo è che uno sia limitato, poco intelligente e non afferri pienamente il senso delle parole; qui non c’è nulla da fare. Il secondo, più frequente, è che uno non capisca perché non ascolta: spesso mentre qualcuno parla si è distratti, si pensa alle proprie cose, si chiacchiera con il vicino … quindi si capiscono alcune parole qua e là ma non sufficienti per comprendere tutto il discorso. Il terzo motivo è che uno non capisce perché non vuole capire: quando le cose che vengono dette sono difficili da vivere, vanno contro quelli che sono i miei desideri di quel momento, non mi piacciono … allora fingo di non aver capito, e di solito di finge così bene da convincersi di non aver capito.

Per non capire questo brano basta pensare che sia un testo che riguarda soltanto i preti: in effetti sono i preti che vengono definiti pastori, c’è un senso in questo. Ma se si ascolta bene si coglie che Gesù dice di essere lui solo il Pastore, tutti gli altri, preti compresi, sono pecore, e quindi pensare che il testo sia rivolto solo ai preti è un modo per non ascoltare il vangelo, per non voler capire che sta parlando a ciascuno di noi.

Quindi solo Gesù è Pastore, e per definire questa sua qualità Gesù usa due opposizioni: pastore e ladro, pastore ed estraneo. Gesù è venuto perché abbiano la vita in abbondanza, il ladro ruba, sacrifica e abbatte; Gesù conosce le pecore una ad una e le pecore conoscono la sua voce e lo seguono, cioè ha una relazione intima, personale con ciascuna, una relazione di fiducia. Una relazione che vive mettendosi davanti, , come apripista, non si mette dietro per sorvegliare o bastonare, è colui che guida, che sta davanti per farsi seguire, per rendere sicura la strada, per rassicurare sulla possibilità di farcela.

Cosa dice a noi questo fatto, a noi che spesso ricopriamo ruoli di tipo ‘pastorale’, cioè noi adulti che come genitori, insegnanti, educatori o semplicemente come esempio, abbiamo responsabilità di nutrire, di far crescere, di insegnare, di indicare la via?

Prima di tutto ci dice che comunque siamo pecore, quelle descritte nel testo, cioè pecore di quel pastore, che riconoscono e ascoltano la sua voce, pecore che sanno di avere una relazione personale, di affetto, di intimità. Qui si apre tutto il tema della preghiera, dell’ascolto della parola di Dio, della capacità di guardarsi dentro con onestà.

E poi ci dice che per entrare nel recinto delle pecore l’unico accesso che abilita è quella porta che è Gesù. Passare attraverso di lui significa vivere il suo stile, uno stile fatto di intimità, di relazione autentica, di affetto, di attenzione di ascolto dell’altro, di conoscenza profonda. È il calore della relazione che ci fa sperimentare la vicinanza con Gesù, con il vangelo. E poi la libertà: Gesù ha uno stile liberante, accompagna verso spazi aperti, luoghi con ampi orizzonti, rendere liberi, capaci di scegliere chi o che cosa seguire è un ruolo importantissimo.

Chi non entra per la porta è un ladro e un brigante, e non è necessario uccidere fisicamente per rubare la vita alle persone: usare le persone per i propri scopi, intromettersi nelle relazioni, nelle confidenze; togliere libertà, pretendere di controllare, impedire la crescita e l’autonomia sono tutti modi che traducono nel concreto della nostra vita ciò che il vangelo definisce ‘rubare, uccidere e abbattere’. Anche da genitori, magari animati da buone intenzioni, capita di rubare la vita ai figli, quando scegliamo più in base al nostro interesse che al loro vero bene, quando li usiamo per raggiungere scopi e obiettivi che non abbiamo realizzato da giovani, quando non gli permettiamo di vivere l’autonomia. Quanti sono i padri che comprano ai figli i giochi che loro avrebbero voluto per poi usarli con gli amici, o le madri che saccheggiano gli armadi delle figlie per usurpare un po’ della loro giovinezza!!! C’è soluzione a questo? Il vangelo indica una via che è l’intimità con Gesù, per essere istruiti da lui, per essere pecore conosciute e amate capaci di far crescere e accompagnare altre pecore all’incontro con lui. E questo avviene nella comunione. Nutrirsi di lui, accoglierlo nel cuore e nella vita significa riconoscerlo come il grande pastore che guida verso pascoli abbondanti, verso luoghi di libertà, significa diventare come lui, affettuosi, liberi e capaci di accompagnare alla libertà

Commento di don Domenico Malmusi

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