Parrocchia Di Collegara-San Damaso

30 luglio 2012

Vangelo E Commento Domenica 29 Luglio

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Francesco Da Ponte Il Giovane – Moltiplicazione Dei Pani E Dei Pesci

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,1-15.
Dopo questi fatti, Gesù andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade,
e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi.
Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli.
Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare.
Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro:
«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?».
Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.
E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».
Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!».
Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

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XVII domenica del tempo ordinario

Fuggire il potere

Il segno della condivisione dei pani è un episodio particolarmente importante nel contesto dei vangeli: è l’unico segno di Gesù ricordato da tutti e quattro gli evangelisti, cosa che non accade per nessun altro miracolo. Naturalmente ogni evangelista mette in luce alcune caratteristiche proprie: tipico di Giovanni è, per esempio, il dialogo di Gesù con Filippo e poi con Andrea che serve a mettere in luce l’incapacità dell’uomo a risolvere il caso, la sua impotenza; questo per far risaltare che la salvezza è dono. Il racconto poi, in ciascuno dei vangeli, è punteggiato di allusioni all’eucaristia che, nella narrazione di Giovanni assumono un ruolo particolarmente importante e che saranno riprese nel resto del capitolo che ascolteremo nelle prossime due domeniche.

Il racconto inizia con Gesù che va’ all’altra riva del mare. “Dopo queste cose”: dice il testo. Prima era successo che Gesù aveva guarito un uomo paralitico da trentotto anni, ma in giorno di sabato. E di qui una diatriba, una discussione infinita con un gruppo di giudei perché aveva operato ciò di sabato. E Gesù “andò all’altra riva del mare”, come se non ne potesse più di quelle meschinità, di quelle visioni ristrette, di quell’aria asfissiante, come se avesse bisogno di un’aria finalmente respirabile, di un’altra riva, di un’aria nuova. A volte anche i nostri ambienti, per i discorsi che si fanno, ci fanno desiderare un’altra riva del mare.

Gesù alzati gli occhi vide… è interessante notare che l’iniziativa di sfamare le folle non viene dai discepoli (come nei racconti di Marco, Matteo e Luca), ma direttamente da Gesù. Non è motivata neppure dalla compassione nei confronti di folle stanche o smarrite (come si diceva nel brano di domenica scorsa). Il gesto di Gesù è gratuito, nasce dalla sua volontà, dal suo affetto, non è una reazione al bisogno. Nasce solo dal suo sguardo sulla folla in quel tempo che è vicino alla Pasqua.

Pur essendo un gesto che nasce da Gesù occorre la collaborazione dell’uomo, una collaborazione che sia sulla stessa lunghezza d’onda di Gesù. Il ragazzo che viene da Gesù ha solo i cinque pani d’orzo e i due pesci, dati questi non gli rimane più niente. È come se Dio, per moltiplicare, avesse bisogno di qualcuno che non calcoli, che sia disposto, come lui, a spogliarsi di tutto. Stiamo andando verso una società che si muove solo se c’è un corrispettivo, se c’è un ritorno. “Forse è anche per questo che il pane non si moltiplica sulla terra” dice un anziano prete di Milano.

Il dono di Dio è sempre sovrabbondante, anche nella prima lettura dei venti pani d’orzo e di farro, mangiarono e “ne avanzò secondo la parola del Signore”. Il Signore non si trattiene nel donare, non è meschino, non misura. Ma l’invito a raccogliere i pezzi avanzati custodisce un altro messaggio: il dono di Dio, i beni non vanno sprecati, non vanno sperperati, sono un dono e un dono non va buttato. È un invito a riconoscere la sacralità del dono: siamo fuori, molto lontani dalla mentalità del “consuma e getta”, tanto “le cose sono mie e ne posso fare quello che mi pare e piace”.

Il tratto più tipico di questo racconto di Giovanni è il contrasto tra le folle che cercano Gesù e Gesù che si sottrae alla loro ricerca. Gesù comprende che l’entusiasmo della folla manifesta una sorta di violenza per piegarlo ai propri desideri e soprattutto un totale fraintendimento della sua identità. Gesù non rifiuta l’acclamazione di profeta (“Questi è davvero il profeta che deve venire al mondo”). La profezia gli si addice, nessuno ha mai parlato a nome di Dio come lui. Ma dal potere temporale, da tutto ciò che circonda il nome di re, scappa lontano. A volte l’arte della fuga è l’unica possibilità di salvaguardare la qualità e la dignità della propria vita e la verità della propria fede. Gesù fugge, ma non per isolarsi, bensì per trovarsi insieme con il Padre. Fugge nella solitudine abitata della sua comunione con il Padre.

Così dovrebbe essere la chiesa. Quanti pretesti, quante contorsioni mentali per difendere un potere che Gesù ha rifiutato. Quante lotte, a tutti i livelli per detenere una briciola di potere che mi ponga ad un livello superiore agli altri. Come Gesù, ciascuno di noi e la chiesa intera, dovrebbe cercare non il potere ma la profezia. Non le nostre parole, ma la parola di Dio.

Commento di Don Domenico Malmusi

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